La rivoluzione del Vangelo in tempo di crisi

novembre 2021 – Siamo stati invitati dal Movimento Pro Sanctitate di Imperia a partecipare alla veglia di preghiera per la santificazione universale con una testimonianza della nostra esperienza. E’ stata una bella opportunità e un bel momento curato con attenzione a tutti i particolari dagli organizzatori che si sono dovuti misurare con la difficoltà di non poterlo fare in presenza. Per chi non avesse partecipato ecco cosa abbiamo raccontato:

Leggendo il titolo della meditazione di questo ciclo di incontri ho subito pensato all’inizio, a quale rivoluzione il Vangelo, l’incontro con Cristo, ha portato nella nostra vita trentacinque anni fa quando mia moglie ed io abbiamo incontrato il movimento di Comunione e Liberazione.

Cito don Giussani, nel libro “Una strana compagnia”: “Scrive il profeta Michea: «Quale dio è come te, che togli l’iniquità, perdoni il peccato, che non serbi ira, ma ti compiaci della misericordia? Egli tornerà ad aver pietà di noi, calpesterà le nostre colpe.» Non c’è nulla più di questa inconcepibile e insondabile capacità di perdono che faccia venire tanta voglia di fare il bene, non c’è niente che faccia venire tanta voglia di cambiare, non c’è niente che faccia venire tanta voglia di gridare a tutti gli uomini che cosa è il Signore.” Ecco, da un perdono infinito una incontenibile febbre di vita.

Il perdono con cui Dio guarda le nostre vite è davvero controcorrente oggi, uno sguardo che non saremmo capaci di avere nemmeno su noi stessi, una sovrabbondanza che ha rivoluzionato le nostre vite fino a cambiare la forma stessa della nostra famiglia che oggi è composta da noi due, un figlio di 18 anni e sei figli accolti.

Se riguardiamo l’inizio di questa storia ci accorgiamo di tre parole che la segnano e che la spiegano, prima di tutto lo stupore per una bellezza che abbiamo visto accadere davanti a noi durante una vacanza con altre famiglie, gli occhi vivaci di tutti quei bambini e gli sguardi lieti e un po’ stanchi delle mamme e dei papà che si prendevano cura di loro. La prima domanda è stata un po’ banale “Ma sono tutti vostri?”. Si perchè quelle famiglie avevano tanti figli e nessuno che si assomigliasse ma con una cosa in comune, erano pieni di allegria. Solo dopo qualche giorno abbiamo scoperto che quei bambini erano in affido e alla fine della settimana ci siamo detti “Dobbiamo conoscere meglio queste persone per scoprire come fanno a guardare così, con gratitudine e con libertà questi bambini che non sono i loro e che staranno con loro solo per un po’. Anche noi vogliamo imparare a guardare così nostro figlio”.

Ecco, la prima parola è stupore, come un contraccolpo, ma le altre che si sono riempite di ragioni in questi anni sono gratitudine e libertà.

La gratitudine che abbiamo visto trapelare da quelle famiglie è diventata la nostra esperienza per un dono grande che è entrato nella nostra vita, una bambina con tutta la sua storia alle spalle, tutto il suo bisogno di amore, tutto il suo desiderio di essere felice come tutti i bambini. La gratitudine per un dono inaspettato che è entrato nella fragilità della nostra famiglia senza chiederci se eravamo pronti o se eravamo capaci ma semplicemente di accoglierlo. E qui viene fuori la terza parola che abbiamo intravisto all’inizio in quei volti e che inizia a spiegarsi meglio dopo dieci anni, la parola libertà. Quello che ci ha fatto dire “questi qua non li dobbiamo perdere di vista finché non abbiamo scoperto perché sono così felici facendo una cosa che sembra così difficile come accogliere un bambino, accogliere una vita”. La libertà di accogliere giorno dopo giorno, nella nostra fragilità, un dono smisurato.

Fino ad oggi i bambini accolti sono stati sedici, chi per pochi giorni e chi per anni ma ognuno di loro è figlio per sempre perché è stato accolto. L’ultimo è arrivato a casa nostra proprio in questi mesi di crisi e di pandemia e ne siamo particolarmente grati perché è segno di una misura che è cambiata nel guardare le cose che accadono, una misura che non è la nostra che forse sorpresi dalla paura per quello che sta succedendo ci saremmo chiusi ma una misura più grande. Concludo citando un intervento di Emmanuele Silanos, Vicario generale della Fraternità di San Carlo Borromeo, “«La vera misura dell’amore è lo spreco». Che frase bellissima! Ricorda quella di san Bernardo: la misura dell’amore è non avere misura. Cosa vuol dire lo spreco? Che l’amore, la carità, è una sovrabbondanza che non finisce mai, ce n’è più di quanto ne serva, deborda.”